martedì 23 aprile 2013

Carlo Iacomucci a Macerata. Libri d'arte e non solo.


I libri d’arte ed alcune incisioni di Carlo Iacomucci hanno un loro spazio presso la qualificata libreria “Bottega del Libro” in corso Repubblica n.7 a Macerata.
Le opere scandiscono il suo percorso artistico articolato in molteplici forme e tecniche espressive, ma sempre saldamente ancorato alla radice intima e profonda dell’incisione nata artisticamente all’Istituto Statale d’Arte (Scuola del Libro) di Urbino; una grande tradizione che l’artista coltiva da circa 40 anni.
Per
Iacomucci, l’illustrazione dei testi poetici e letterari è stata un’attenta ricerca che è possibile in questo caso scoprire in libreria nella “copie uniche” realizzate con tecniche miste: acquerello, penna grafica, acrilici, negli Ex Libris, o in altri testi d’arte in cui sono presenti acqueforti o stampe realizzate con tecniche incisorie. Il segno dell’artista è gestuale, dinamico e fluttua tra l’immagine narrante e quella significante, movimenti ventosi che scompigliano e simboli ricorrenti come gli aquiloni smaniosi di uscire dal loro spazio in cerca di possibili approdi e i personaggi sentinelle della natura.
“Nasciamo e cresciamo in mezzo agli aquiloni - dice Iacomucci - li inserisco nelle mie opere da trent’anni, sono simboli di libertà e speranza. Sono legati sempre a un filo, e guai se questo filo si spezza”.

(cs)

L'arte polaroid. Maurizio Galimberti: "Paesaggio Italia".


Vale sempre la pena di andare a vedere una mostra a Venezia. Comunque vada, cioè se non ci piace, possiamo passeggiare attraverso i saloni di uno splendido palazzo, con grandi finestre sui canali e i sontuosi lampadari di Murano.
Non conoscevo Maurizio Galimberti, ma avendo al mio fianco da molti anni un compagno fotografo e grande appassionato di immagini, ho attraversato le calli e i ponti veneziani in una fredda giornata di fine vacanze pasquali.
Il fotografo milanese, nel 1991 comincia la collaborazione con Polaroid Italia reinventando la tecnica del “Mosaico fotografico” che inizialmente adatta ai ritratti. Ma il “mosaico” diviene ben presto la tecnica per ritrarre non solo volti più o meno famosi, ma anche paesaggi, architetture e città. Con grande equilibrio e gusto, Galimberti integra e alterna l’emozione per la totalità della composizione e la cura del particolare, reso sempre da un unico ed irripetibile scatto di Polaroid.
In questa mostra, le polaroid di Galimberti mettono in scena un nuovo e sorprendente Viaggio in Italia visivo ed autobiografico. Ai primi scatti realizzati negli Anni ’90, si affiancano gli inediti degli ultimi anni. Il risultato è un’esposizione antologica sul paesaggio italiano che mette insieme tutte le forme creative sperimentate dall’istant-artist con le sue foto.
Una mostra da vedere e un artista originale da scoprire e seguire nella sua ricerca artistica.

Antonella Roncarolo

Istituto veneto di Scienze, Lettere ed Arti
Palazzo Franchetti, campo Santo Stefano 2842
Fino al 12 Maggio



lunedì 15 aprile 2013

La passiflora non è una passeggiata en plein air. Esce il nuovo libro fotografico di Rita Vitali Rosati.


Questo il titolo, tra dramma e ironia, del nuovo libro fotografico di Rita Vitali Rosati (Vanilla Edizioni, Marzo 2013, Euro 20,00 ). Oltre ad essere un saggio delle facoltà dell’immagine, viste nel loro ricco ventaglio, questo libro è un omaggio alla poesia. Le fotografie di Rita, legate al tema del fiore come metafora dell’esistenza, vita e arte congiunte, bellezza che si attarda fino alla voce del decadimento, si alternano fino all’ultima pagina a descrivere le passioni, l’umana nostalgia simbolica di ciò che il fiore stesso, dopo un breve trionfo di colori e di effervescenze, percorre fino al limitare della sua fine.

Isabelle Rivière espone al Palazzo Ducale di Urbania. La nota di Raimondo Rossi, collega artista.


Isabelle Rivière è bella non solo di nome, ma anche di fatto! La dovreste vedere: alta bionda, occhi chiari, un bel portamento, ma non devo parlare di lei come bellezza inglese, ma per la sua storia artistica. 
Apprende, da ragazza, come gli antichi, nella bottega di un pittore ritrattista dei nobili inglesi. E ne mantiene gli insegnamenti e non tradisce. Non si fa allettare (capita anche a me, purtroppo) dalle mode! Resta fedele. 
E, se verrete a Urbania sabato prossimo, capirete quello che scrivo: una pittura vera, delicata, sensibile, personale, a prima vista di altri tempi! 
Ma dovete sapere che da ragazza era, mi pare che lo avesse raccontato lei stessa, scappata di casa per vivere a Parigi!

Raimondo Rossi

domenica 14 aprile 2013

Maria Lenti presenta il suo "Effetto giorno" alla Galleria Opus di Grottammare

Maria Lenti - Giarmando Di Marti
Un pomeriggio di grande interesse e intensa partecipazione, ieri, alla presentazione dell’ultimo libro di Maria LentiEffetto giorno”, Ediland Edizioni, San Benedetto del Tronto, 2012 (Euro 13,50).
La poetessa e scrittrice urbinate è stata introdotta dal poeta e critico Giarmando Dimarti, il quale, con la consueta abilità interpretativa, ha individuato nella “speranza” l’imperativo categorico sotteso alla raccolta e nel neoumanesimo, nella tensione morale, nella vocazionalità all’altro, il carattere degli scritti lentiani, che spaziano dalla politica alla letteratura, alla scuola, al cinema (da cui il titolo che richiama il titolo italiano de La nuit américaine di Francois Truffaut).
“Le parole chiave del libro – ha precisato Dimarti – sono: libertà, ascolto, coraggio, tolleranza, dialogo, transizione. Un libro, in sintesi, appassionato di chiarezza e verità, che trascende l’odierno impasse esistenziale e ci esorta all’agire senza alcuna riserva, perché noi siamo unicità relate e come tali necessariamente sussidiarie”.
Maria Lenti, dal suo canto, si è soffermata a lungo sul “senso del ricominciare”: “Una cosa che è molto mia è il senso del ricominciare, tenendo conto della libertà di ciascuno, ma anche del dialogo con l’altro, dell’ascolto con l’altro: una vocazionalità allo stare insieme, che è fondamento della politica. Fare politica è per me anche scrivere, insegnare, anche senza parlare dei partiti o della politica, perché è la considerazione della “polis”, cioè di quello in cui noi siamo immersi, che è la società, la città, il contesto. Stare insieme per riuscire a capire – insieme – da che parte si possa ricominciare.
Ricominciare tenendo conto di quello che noi abbiamo come esperienza e di quello che non abbiamo più e che non tornerà. Quale possibilità abbiamo? O star dietro a ciò che non è più – e quindi non fare nulla – oppure dire, forti di un bagaglio personale, collettivo, storico, culturale, e basandosi sulle nostre intelligenze, sulle nostre possibilità: ricominciamo da un punto!” 
L’incontro con Maria Lenti, ci trasmette così il senso del non chiudersi al mondo, del dar vita ogni volta al mondo e alle cose del mondo.
Avevamo bisogno del contatto con questa voce importante della letteratura contemporanea, per ricordare a noi stessi che la poesia è “fare pensiero”, trasformare “i solchi in ponti, con il dialogo” e la cultura è “capacità di leggere il mondo”, parole appassionate di Maria Lenti, che abbiamo sentito particolarmente viva e vicina, nella ricchezza del suo affabulare che è sempre un “fare il punto”, accamparsi come voce nella difformità culturale dei nostri tempi.


Enrica Loggi


Dorian Manea: controfiocchi piano.


Lo ascolti e dici “però!” Sarà perché ultimamente ci sta capitando di ascoltare personaggi imbarazzanti (ma famosi) picchiare con violenza tasti bianchi e neri, quando per sbaglio ne senti uno che li accarezza, esclami: “Ohibò”. Dorian Manea, rumeno di Bucarest (tutti i rumeni sono di Bucarest anche se vengono da Bicaz), è un pianista serio. Jazz, swing e honky tonk per lui pari sono. È lui il leader che detta i tempi delle esecuzioni, il contrabbasso e la batteria seguono, semplicemente. Il livello degli artisti di strada è, ultimamente, salito di parecchio. A volte non riusciamo a capire se quello di esibirsi per strada sia un volo esistenziale o, più banalmente, l'esigenza di cibo, del vile cibo che costringe artisti, anche di una certa levatura, a sfidare la pioggia e il vento, la nebbia e un sole finalmente caldo come quello di oggi. Non volendo filosofeggiare, ma ci piacerebbe parecchio, quello di Dorian Manea è un bel trio, si chiama “Balcanic Band” e se per un momento abbiamo pensato che “Transilvanic Band” sarebbe stato lo stesso, la colpa è solo delle nostre letture draculesche. Manea vola sulla tastiera, è bravissimo a improvvisare su un tema centrale, è altrettanto bravo nei cambi di ritmo che sottolineano il passaggio fra Duke Hellington e Antonio Carlos Jobim. Dal Jazz allo Swing, passando per la Samba e la Bossa Nova e approdare infine al caro, vecchio, indimenticabile Honky Tonk, che non è solo il nome delle vecchie fabbriche di gin di New Orleans in pieno proibizionismo. Una nota sulla strumentazione di questo trio delle “meraviglie”. Un amplificatore 50w, che rendeva, a intervalli regolari, l'anima a Dio singhiozzando; una tastiera Korg; un contrabbasso di acero novello ancora verde, e una batteria composta da grancassa, rullante, charleston e un piatto, marcata “Comet”, un logo che in Italia furoreggiava negli anni '50 (forse '40). Ma per i bravi musicisti l'abito conta poco. Non sono monaci.

Massimo Consorti

sabato 13 aprile 2013

E' uscito "Il segno della parola. Poeti italiani contemporanei", l'ultimo lavoro di Rossella Frollà.


Alcuni dei maggiori poeti italiani contemporanei in una nuova interpretazione, con una selezionatissima antologia da leggere in una luce diversa: da De Angelis a Piersanti, da Cucchi a Rondoni, da Loi a Pontiggia, passando per Doplicher, Damiani, Rosadini e Moscè. L’autrice, oltre a valorizzare i vari artisti della parola, cerca di dare un ruolo chiaro a chi da anni lavora su linguaggio, suggestioni ed evocazioni da cui attinge, prima o poi, qualcosa tutta la società. «Soprattutto per i giovani, che sono alla ricerca di un confronto con la propria interiorità, la poesia può rappresentare uno strumento ineguagliabile e una guida etica e di speranza. La parola quando è poesia, oggi più che mai misteriosa al grande pubblico, difende la sua autenticità dalla banalità e dalla spettacolarizzazione di tutto, sfugge all’effimero e si pone come resistenza ultima di valore», come scrive Rossella Frollà, nome nuovo della critica letteraria. Quest’antologia ne conferma la rotta e, nel «segno della parola», raccoglie voci tra le più forti della nostra epoca.
Edizioni Interlinea - Collana "Biblioteca - pp. 304 - Euro 20.00

Nella presentazione di oggi pomeriggio all'Auditorium Comunale "Tebaldini" di San Benedetto del Tronto, è stato presente, con l'autrice, Umberto Piersanti, il grande poeta urbinate. Piersanti è un narratore accattivante, mai noioso, sempre "sul pezzo". Le sue argomentazioni, spesso, sono un vero e proprio godimento (ndr).

È uscito (in Giappone) l'ultimo romanzo di Murakami Aruki. Ed è già un caso.


È uscito solo oggi e l'editore ha già deciso di portare a 500mila copie la ristampa dell'ultimo romanzo di Murakami Aruki. Su Amazon, in prevendita, gli ordini sono arrivati a 20mila copie in un amen. Colorless Tsukuru Tazaki and the Year of His Pilgrimage, ultima fatica dello scrittore in questo momento più amato al mondo, è già un caso letterario, 400 pagine di cui nessuno (fino a questa notte) sapeva nulla. Sul sito della casa editrice Bungeishunju, che Murakami sta rendendo ricca da far schifo, lo spazio riservato al romanzo ne riportava solo il titolo e il nome dell'autore; niente numero di pagine, niente prezzo. Come si fa, quindi, a parlare di un libro che solo da qualche ora è in mano ai lettori? A Tokyo questa notte è successa l'ira diddio. Roba da vendita dell'Iphone5 o, come ci è capitato di vedere a Boston, dell'uscita del dvd di Titanic. File interminabili, ordinatissime di lettori e di fan accaniti, hanno preso d'assalto le librerie che, come nella migliore delle tradizioni occidentali, hanno aperto i battenti alla mezzanotte in punto. Già IQ84, si era rivelato un caso  senza precedenti. L'orwelliano romanzo in tre parti di Murakami, era stato accolto, a livello mondiale, come una delle opere fondamentali di questo inizio secolo. Colorless Tsukuru Tazaki and the Year of His Pilgrimage, se le premesse sono queste, rischia di fare la stessa fine, amplificata all'eccesso, all'ennesima potenza. Forse qualcuno lo sa, amiamo Aruki Murakami da Norwegian Wood, romanzo che ci ha costretto a leggere i precedenti, i successivi e tutti i racconti, per cui, qualsiasi cosa possa uscire dalla nostra tastiera, verrebbe accusata di chiaro conflitto d'interessi. Però, a questo punto, la curiosità è davvero travolgente e non ci consola il fatto che la Einaudi è già pronta a immetterlo nel mercato italiano. Domani è tardi. Magari ieri. Laconico, forse di più Murakami, che ha dichiarato: “Ho cominciato a scrivere un racconto breve, ma mentre ci stavo lavorando, è diventato più lungo con naturalezza. Raramente ho sperimentato qualcosa del genere, forse non mi era accaduto da Norwegian Wood”. Ti venga un bene! Non ha aggiunto manco una parola. 

martedì 9 aprile 2013

Gandhi d’Irlanda. Ed Schmidt visto (e ascoltato) da Pier Giorgio Camaioni


In Irlanda il clacson non esiste, il traffico è educato. Scorre come una musica, senza strilli. E Freedom ti fa ricordare quando guidi (a sinistra, brrr) a Kilmore Quay nelle strade del porto durante la sagra dei prodotti del mare, per raggiungere il parcheggio a picco sulla scogliera. Mescolanze misurate di suoni e voci, incomprensibili ma corroboranti, e dolci. Incroci persone che somigliano a Ed (ma senza chitarra), bambini che salutano, in mezzo a girandole di colori in dissonanza, dal fucsia al giallo cromo, dall’azzurro all’arancione all’olivastro, nel Memorial Garden…
Non c’è niente d’India in Irlanda, eppure la chitarra di Ed evoca un sitar che insiste pigro sui due accordi, o forse son due le chitarre… Sfuggono le parole, ah l’inglese, magari c’è del gaelico dentro, ma non importa.
Non c’è niente d’India in Irlanda, ma Ed vi ha trasportato l’anima del messaggio di Gandhi, la sua politica di vita. Un’invenzione che ti scuote, quel mitra a tracolla. La non-violenza è nella musica d’acquarello, che approfondisce i pensieri e incita azioni fresche, incontaminate, coerenti; nei ritmi dondolanti di ballata (talvolta sanglots de l’automne) alle periferie del jazz; nelle delicatezze di Van Gogh che descrivono i territori dell’aria e del sogno, che ti cullano e ti accompagnano nelle brughiere affacciate sull’Atlantico, anche se stai al concerto nel geometrico Breaklive di Ascoli a fianco della Citroen…
Non c’è niente d’India in Irlanda, dicevo, però Ed con le sue “canzoni” ti ci fa pensare: i suoi pensieri spregiudicati profondi e poetici come pratiche di utopie, la sua esigenza di libertà d’artista, la sua rassicurante Art of Rebellion d’atmosfera… Ah l’inglese, magari c’è pure del gaelico. Ma è tutto chiaro lo stesso.

Pier Giorgio Camaioni

sabato 6 aprile 2013

E' morto Bigas Luna, maestro dell'eros raffinato e cerebrale.


Per non correre il rischio che questo diventi il colonnino dei necrologi, ci limiteremo a dire che se n'è andato il maestro spagnolo dell'erotismo cerebrale. Un filo doppio e sensuale lo legava al cinema italiano, al quale ha preso una sconosciuta (allora)Francesca Neri, per Le età di Lulù e le strabordanti Stefania Sandrelli e Anna Galiena per Prosciutto prosciutto. A parte lo scivolone della quarta italiana, la “bambola” Valeria Marini, c'è da segnalare la proficua collaborazione con Nicola Piovani, che per Bigas Luna ha scritto le colonne sonore di Prosciutto Prosciutto, Uova d'oro e La teta y la luna. Regista “morbidissimo”, tendente al melodramma, ha il merito di aver scoperto Penelope Cruz e Javier Bardem. I suoi ultimi film sono stati Volavérunt e Son de mar (2003).

venerdì 5 aprile 2013

Georg, il flautista tedesco anti-Europa malato d'Italia.


Il primo impatto non è affatto sconvolgente. My Heart Will Go On, non rientra nella nostra personale hit-parade. Però il suono del flauto ci piace e, come spesso accade, ci avviciniamo per constatarne l'origine, la fonte. Il suonatore è un uomo in frac, l'abito da serata di gala (o da concertista) che fa il monaco. Sicuramente la sua giacca con le code e i pantaloni a tubo, hanno vissuto primavere migliori, ma non stiamo a sottilizzare. Georg (nome molto convenzionale) è un tedesco di Germania che, quando la base musicale suona la Quinta, ci dice: “Questa no, troppo tedesca”. E attacca Lady Madonna, come se fosse la stessa cosa: Beatles e Beethoven per lui pari sono. Georg è bravo, ha la nostra stessa età e un passato di musicista in buone orchestre. Poi un giorno ha deciso che suonare con gli altri non era la sua dimensione e, non essendo poi un grande genio, ha scelto la strada e la piazza come luoghi in cui esibirsi con una base pre-registrata. Piace, anche alla gente di queste parti che, in un amen, riempie la custodia del flauto di scintillanti monetine da 5 cent, 10 cent, 20 cent. Di “euri” sani non se ne vedono. “Colpa di questa crisi”, dice Georg guardandoci con due occhi assassini che metà basterebbe. “E poi qui la gente non applaude. Perché? A Livorno, al mercato, dopo ogni canzone applaudono forte. Qui niente”. Vagli a spiegare che da queste parti la gente è abituata ai personaggi televisivi e che la bravura è un optional. Non capirebbe mai, e allora ci rifugiamo in un “Dai, magari la gente di qui è distratta”, che suona un'offesa alla sua e alla nostra intelligenza. Georg è contro l'Euro, l'Europa delle banche, la Germania che, a suo dire, ha strozzato tutti concedendo mutui per 670 miliardi che non potrà mai esigere se non invadendo le nazioni: “Anche l'Italia”, dice sorridendo. Poi si lamenta: “Ma lo sai che in Grecia, ai mercati trovi solo frutta e verdura olandese?” E lo guardiamo mentre si attacca a una fiaschetta il cui contenuto non conosciamo, ma che sentiamo “a naso” non trattarsi di acqua. Probabilmente è per colpa del contenuto della fiaschetta che, a un certo punto, dice: “Ce lo prestate Grillo?”. Apprendiamo così che, dopo aver fatto colpo sull'ambasciatore americano, Beppe ha colpito anche i duri cuori dei tedeschi. Attacca Caruso, poi E penso a te, e poi ci guarda con l'aria contrita di chi sa che sta facendo marchette pur di tirare su la giornata. E allora attacca Bourrée di Bach, proprio quella resa famosa da Ian Anderson e dai Jethro Tull che furono. Infine Aria sulla quarta corda. “Potrei fare anche di meglio – ci dice Georg asciugando il flauto con un fazzoletto che un tempo era bianco – ma qui non applaude nessuno...”

Massimo Consorti

giovedì 4 aprile 2013

Esce per Ananke, “Italiane d'Argentina” di Silvia Rosa

Una sintesi aggiornata, ricca di citazioni e aneddoti di vita vissuta, delle principali tappe della lunga esperienza migratoria degli italiani negli anni successivi del dopoguerra. Il volume si concentra in particolar modo sulla scarsa e ancor meno esplorata storiografia delle donne italiane in Argentina, fornendo una rassegna ragionata delle ricerche e dei loro risultati, ipotizzando i possibili sviluppi di una storia di genere nel quadro dell'immigrazione italiana nello stesso paese. Il linguaggio è diretto e sintetico, tale da consentire la lettura anche da parte di quanti non abbiano una conoscenza approfondita riguardo al tema trattato. 
Silvia Rosa, studiosa di storia e del mondo al femminile, ha contribuito all'opera collettanea "Ripensarci donne. Percorsi identitari al femminile", a cura di Valentina Porcellana.
Il libro è edito da Ananke. Euro 16,50 

Arte a Milano: Miriam Ravasio (e altri artisti) a Popcorner.

Popcorner, percorso in fiera sull’ultimo (forse) calcio d’angolo di una partita in corso da oltre sessant’anni, il pop nelle sue infinite mutazioni. Una piccola collettiva curata e proposta da Raffaele Memoli della omonima galleria di Arte Contemporanea Milano-Potenza. Sei artisti, diversi per età, formazione, tecnica ed esperienza ma uniti nell’invisibile animazione da uno stesso spirito propositivo: l’arte è ricerca del fare e il suo bene è trasmissione di energia. Stefano Bressani, stoffa che trasforma le immagini in icone di volume; R.e.m.i.d.a, lo spettro aureo che vela l’arbitrio delle aspirazioni e degli usi comuni; Vava (Stefania Galli) led ad illuminare i ricordi che affiorano leggeri dai luoghi della memoria; Mario Vasta, l’olio come retino innaturale e necessario per guardare ad occhio nudo l’impossibile luce del mezzogiorno; Federico O. Unia, energia Dada-Rapper che si espande, fra colte citazioni, per collages e graffiti tridimensionali; Miriam Ravasio, gli antichi misteri dell’arte e dell’architettura sono bersagli d’incanto, rosoni pop dipinti su reti da orto e da giardino. Le esposizioni nelle Fiere si organizzano in stand affittati dagli espositori; metri preziosi e tempi brevi, brevissimi, solitamente due giorni o poco più. Come in questo caso dove alla tradizionale fiera “Salon&Arredamento, idee per la casa” di Malpensa Fiere, da 4 anni si affianca ART-Mostra mercato d’arte moderna e contemporanea. Opere messe a parete una accanto all’altra, stipate e quasi senza respiro, ma i tempi della crisi impongono “sobrietà” e le fiere sembrano goderne; espositori e visitatori sono in aumento e il calendario fieristico è fittissimo. Che il futuro dell’arte sia solo questo? Non credo, nuove particelle sono nell’aria e quando l’uomo si riscoprirà capace di visione, l’arte si ricaricherà di fascino e di proposta e, oltre ai sensi, ritroverà il suo posto nel cuore. Per ora rimandiamoci alla prossima scadenza: Milano Arte Accessibile, Fiera d’Arte contemporanea, sede Sole 24 Ore, Pad. 1- stand 17. Viale Monterosa 91.

Dopo Jannacci, Califano. La musica italiana sta finendo...

Era malato ma ieri sera se n'è andato nell'incredulità generale... Il Califfo: un artista, un personaggio che sembrava doverci essere sempre e per sempre. Musicista prolifico che ha saputo incarnare l'essenza della “romanità”, che ha affascinato la gente per la sua poesia, la sua vita romanzesca, non priva di ombre, la sua voce di rasoio, calda un po' nasale. Memorabili resteranno Minuetto, La musica è finita, E la chiamano estate, Una ragione di più, Gente de borgata. E dopo Gaber, De Andrè, Bertoli, Dalla, venerdì scorso Jannacci e ieri il Califfo a noi resterà soltanto... la noia.

Manuela Angelini

E' morto Enzo Jannacci

78 anni. Giovane, giovanissimo. Malato. Chi se ne frega... Era Enzo Jannacci. Quello della Milano operaia, del derby, del cabaret e del teatro dell'assurdo. Dolce, ironico, incazzato senza mai darlo a vedere, cardiologo perfino. Fino a quando ha potuto. E nel cuore della gente entrava. L'unico modo per farlo battere per amore o per rabbia. Inutile spendere parole per chi di parole ne ha sempre dette pochissime. Vogliamo ricordarlo con un vecchio video del 1980. Un testamento o quasi. Sicuramente la sua canzone-capolavoro. Magari la starà cantando con Mario Monicelli.

Massimo Consorti

La “nota a latere” di PiGi Camaioni. Raf Ferrari e la poltrona rossa.


Si sono amichevolmente fronteggiati tutta la sera. Raf, seduto su una smagliante Kartell arancione (invece che su un cupo sgabello da pianista), che mai più nella sua vita starà accostata a un pianoforte; lei, rossa, vanitosa regale ambiziosa e unica, quasi sempre vuota a farsi notare con i suoi begli occhi trasparenti. Nessuna corsa quindi. Del resto, i quartetti jazz stanno per lo più fermi e tranquilli, non corrono come bande. Se sono bravi, fanno piuttosto correre i pensieri e le emozioni, e vibrare la mente di chi li ascolta. Le poltrone pure, chi è più statico di loro. Ma questa, grande e rossa, sembra il cranio pensante di un imperioso capo indiano, o il guscio di sopravvivenza di una navicella spaziale, o un abitacolo da viaggio, con la faccia impassibile che guarda indietro… Design e Jazz, stasera. Entrambi ai massimi livelli, la prima o forse l’unica volta che l’hanno messi insieme. Con naturalezza, senza barriere nè timori reverenziali o sociali. Assoluta libertà d’ascolto e di movimento per noi pubblico, una volta tanto non incapsulati e prigionieri in qualche fila di platea. Alto Jazz in un Super-luogo, per noi spesso, fuori di qui, accerchiati e angosciati dai non-luoghi della piatta esistenza quotidiana. Il Jazz vuole spazio, stasera c’era. Il Jazz non vuole schemi, stasera non c’erano. Men che meno quelli “abitativi”. Ognuno, gironzolando curioso, s’è accoccolato nella sua arcadica isola felice (che non c’è), tra fantasiose penisole di poltrone e divani anti-IKEA, tra architettoniche cucine spaziali che non t’immagini odorare di cucina, presso immaginifiche e protettive librerie, vicino a letti di sogno senza pareti, a tonde vasche di legno come nel far-west dei film d’un tempo, sfiorando con circospezione componenti d’arredo pensosi e carichi d’ironia, dalla funzione mai schematica o convenzionale. Fantasia per gli occhi e per le orecchie. Chi ci aveva mai pensato, che il Jazz è Design e viceversa… Tra le migliaia di definizioni, fosse questa la più azzeccata? E quanto colore, da vedere, da toccare, da sentire. Da vivere, per chi può…Stasera è stato più di un concerto: come fossimo stati chiamati a visitare un’industria della curiosità e dell’arte, in un auditorium-loft in cui pure il tradizionalissimo contrabbasso e il settecentesco violoncello appaiono opere disegnate da un Joe Colombo. Invece i “designer” sono stati questi quattro talentuosi ragazzi del sud, che ci hanno davvero portato su “Venere e Marte”… Dove sicuramente alberga anche la poltrona rossa, con gli occhi trasparenti e la faccia senza una ruga che guarda indietro, verso la Terra…

Pier Giorgio Camaioni

Verso Primavera. Il Club Unesco di San Benedetto festeggia la poesia e la primavera

Un pomeriggio di parole vellutate e di un flauto che porta la natura nella Sala della Poesia di Palazzo Bice Piacentini. Il Club Unesco di San Benedetto del Tronto “onora” così la Giornata Mondiale della Poesia che, non è un caso, cade lo stesso giorno del solstizio di primavera. Al centro c'è Enrica Loggi in una quadruplice versione: cantante, poetessa in lingua, rimatrice in dialetto, scrittrice in prosa. Crediamo di non fare nessun torto alla prima, alla terza e alla quarta versione se, da innamorati dei versi della Loggi, continuiamo a restare profondamente legati alla seconda. Quella delle parole che accarezzano e graffiano, in un alternarsi che non è mai un gioco di termini né di accapo che fanno tanto poesia da pocket. La poetessa di San Benedetto trae i suoi versi da “Una rima di vento” e regala in apertura tre inediti di altrettanto valore. Poi, con un tono di voce un po' nasale e un po' ovattato (quello che solo un raffreddore sa dare), dosa pensieri che si trasformano in altrettanti versi perché, la bellezza smisurata di Enrica Loggi, sta nell'essere un poeta anche quando parla del sasso che le è entrato nella scarpa. I poeti, si sa, fanno parte di un altro mondo e soprattutto ci vivono. Parliamo ovviamente di quelli veri perché di coloro che ci si credono senza esserlo, non sappiamo che farcene. In mezzo alle parole, la musica. Un flauto solo. Bach e Debussy. Rita Colivera, giovanissima flautista, è un contrappunto piacevole e, anche se ancora legato a una visione un po' rigida e un po' scolastica dello strumento, lascia trasparire, in qualche passaggio, quel pizzico di anima in più che vorremmo sempre ascoltare dai musicisti. In chiusura le immagini del fotografo Carlo De Angelis, montate in un photo fit teso a scrutare l'anima in una visionarietà tutta giocata fra il concetto di maschera e il volto. La giornata mondiale della poesia si può celebrare anche così. Con molta sobrietà, parole giuste, musica essenziale e una sequenza di immagini che riportano a una primavera tutta al femminile.

Massimo Consorti

Il nostro collaboratore Pino Guzzonato a Mestre

Artista sperimentale, nella sua ricerca ha usato i materiali più diversi: attinge dalla natura e dalla vita contemporanea i suoi motivi di lavoro. Lavora con materiali quali ferro, legno, pietra, plexiglas e carta – che lui stesso realizza. Ha organizzato vari workshop internazionali di artisti all’antica cartiera di Dueville e si è occupato di ambiente naturale e urbano promuovendo e partecipando ad azioni tese alla sua salvaguardia. Ha lavorato con le università di Utrecht, Weimar e Parigi e ha partecipato alla 49 ª Biennale di Venezia. Sue opere sono presenti in musei e collezioni pubbliche e private tra cui la Galleria degli Uffizi di Firenze, sezione “Libri d’Artista”.

Il v(u)oto in scatola

Siamo vicinissimi all’appuntamento decisivo per le sorti del Paese... Messaggio lanciato due mesi fa e ricordato in ogni momento da spot, fogli cresimali e deliranti pro-messe. Ora, alcuni cittadini per l’occasione hanno ritirato il vestito dalla lavanderia, altri invece si allontanano il più possibile dai luoghi in cui queste scatole si predispongono per essere riempite di schede senza personalità. Altri ancora, distrattamente e facendo finta della normalità della cosa, osservano stancamente le ovvietà di rito per poi entrare, con ghigno luciferino, nella cabina elettorale contando le monetine che gli torneranno. I più, credo io, stanno per scoppiare di bile montata al massimo della sopportazione, con la speranza che cessi presto questo sperpero di intelligenza e negazione della realtà. Ne hanno le scatole piene di questa attesa salvifica, con conseguente immobilismo o per meglio dire mobilità assolutamente a ritroso. Riempiamo allora queste scatole e poi liberiamocene di impeto per lasciar posto a un serio e vivace lavoro, perché tutto non diventi un ennesimo v(u)oto a perdere.

Francesco Del Zompo