Si
sono amichevolmente fronteggiati tutta la sera. Raf, seduto su una
smagliante Kartell
arancione
(invece che su un cupo sgabello da pianista), che mai più nella sua
vita starà accostata a un pianoforte; lei, rossa, vanitosa regale
ambiziosa e unica, quasi sempre vuota a farsi notare con i suoi begli
occhi trasparenti. Nessuna corsa quindi. Del resto, i quartetti jazz
stanno per lo più fermi e tranquilli, non corrono come bande. Se
sono bravi, fanno piuttosto correre i pensieri e le emozioni, e
vibrare la mente di chi li ascolta. Le poltrone pure, chi è più
statico di loro. Ma questa, grande e rossa, sembra il cranio pensante
di un imperioso capo indiano, o il guscio di sopravvivenza di una
navicella spaziale, o un abitacolo da viaggio, con la faccia
impassibile che guarda indietro… Design e Jazz, stasera. Entrambi ai
massimi livelli, la prima o forse l’unica volta che l’hanno messi
insieme. Con naturalezza, senza barriere nè timori reverenziali o
sociali. Assoluta libertà d’ascolto e di movimento per noi
pubblico, una volta tanto non incapsulati e prigionieri in qualche
fila di platea. Alto Jazz in un Super-luogo, per noi spesso, fuori di
qui, accerchiati e angosciati dai non-luoghi della piatta esistenza
quotidiana. Il Jazz vuole spazio, stasera c’era. Il Jazz non vuole
schemi, stasera non c’erano. Men che meno quelli “abitativi”.
Ognuno, gironzolando curioso, s’è accoccolato nella sua arcadica
isola felice (che non c’è), tra fantasiose penisole di poltrone e
divani anti-IKEA, tra architettoniche cucine spaziali che non
t’immagini odorare di cucina, presso immaginifiche e protettive
librerie, vicino a letti di sogno senza pareti, a tonde vasche di
legno come nel far-west dei film d’un tempo, sfiorando con
circospezione componenti d’arredo pensosi e carichi d’ironia,
dalla funzione mai schematica o convenzionale. Fantasia per gli occhi
e per le orecchie. Chi ci aveva mai pensato, che il
Jazz è Design
e
viceversa… Tra le migliaia di definizioni, fosse questa la più
azzeccata? E quanto colore, da vedere, da toccare, da sentire. Da
vivere, per chi può…Stasera è stato più di un concerto: come
fossimo stati chiamati a visitare un’industria della curiosità e
dell’arte, in un auditorium-loft in cui pure il tradizionalissimo
contrabbasso e il settecentesco violoncello appaiono opere disegnate
da un Joe Colombo. Invece i “designer” sono stati questi quattro
talentuosi ragazzi del sud, che ci hanno davvero portato su “Venere
e Marte”…
Dove sicuramente alberga anche la poltrona rossa, con gli occhi
trasparenti e la faccia senza una ruga che guarda indietro, verso la
Terra…
Pier Giorgio Camaioni
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