Rino
Villano “in concerto”: Grace in Sand – Root Music And
Folk Song – 11 giugno 2013, ore 10.30 – San Benedetto del
Tronto, sotto il ponte della ferrovia, un giorno di mercato...
I
musicisti di strada esperti e viaggiatori lo sanno bene, sotto i
ponti la musica non sempre funziona. O sei bravo, e allora l'acustica
“rinforzata” ti aiuta e ti valorizza (e ti rende), altrimenti
mettiti a suonare a cielo aperto, sotto un albero se fa caldo, perché
il ponte non perdona.
Rino
Villano, quieto ragazzo milanese domiciliato stranamente in Ascoli,
musicista per passione, questo lo sa. Quindi, prese le misure come un
ingegnere del brutto sottopasso ferroviario che taglia il mercato in
due, ci si mette proprio nel mezzo, lato sud. Rimbalzassero come gli
pare le onde sonore, lui va sicuro. E piace. Chitarra acustica
americana Martin accordata alla perfezione in digitale, pezzi
tutti scritti parole e musica in bella calligrafia, piccolo e nero
leggio di design regolato a un metro e quindici esatti dagli
occhiali, microfono professionale nero opaco su asta pure nera, cassa
amplificata minuscola ma fedelissima e, aperto longitudinalmente sul
pavimento, il fodero dello strumento, pulitissimo e senza un graffio:
le monete che ci piovono tintinnano accordate, disponendosi sul
velluto verde in ordine da sole, metà testa metà croce...
Religiosamente
root music and folk song, il repertorio. Da Dylan a Baez a
Springsteen... ballate country “impegnate”, union songs piene di
ideali, contro la guerra, che hanno accompagnato almeno due
generazioni di lotte civili di massa, non solo d'America. Rino però
è più un interprete-testimone, che “racconta” questi pezzi che
tutti conosciamo con eleganza, senza rabbia, senza impeto, col suo
timbro vocale educato e ben impostato, per niente rasposo strascicato
esasperato. Non imita. Questi pezzi allora appaiono un po' nuovi,
sembrano passati in lavatrice. Lui, jeans quasi stirati camicia
standard e mocassini, stop. Capelli scuri ordinati e compatti,
barbone curato impenetrabile come un cipresso. Mi ricorda il Paolo
Pietrangeli degli anni '80-'90, in quel suo disco quasi da
combattimento “Un animale per compagno”, la bella voce
responsabile, incisiva, chiara, da resistenza...
A
parte l'indubbia bravura, Rino “funziona” (lo ammette lui stesso
che questa piazza gli è abbastanza redditizia, sic!) anche
per questo suo aspetto più rassicurante che rivoluzionario, da bravo
figlio, da studioso ragazzo. Sembrerebbe addirittura “neutrale”,
se sulla sua chitarra non riportasse l'etichetta “This machine
kills fascists”. Per fortuna. Anche lui, almeno dentro, è come il
turbolento Woody Guthrie, che settant'anni fa cantava l'esistenza
disperata e poverissima di una generazione emarginata e tradita.
Anche Rino lo fa, a modo suo. I tempi sono cambiati, all'apparenza.
Siamo noi che procediamo a rovescio: invece di finirci la pazienza,
ci siamo finiti il tempo. In giro, non c'è più neanche humour...
Pier
Giorgio Camaioni
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