Non
è mai tardi, o presto, per parlare d'amore. Almeno una volta nella
vita ci chiediamo cosa sia. Taluni
hanno indagato a lungo su questa domanda, sono andati a fondo. Oggi
mi piace parlare del Simposio
di Platone, sviscerato da Umberto Galimberti nel suo libro: Le
cose dell'amore, un testo che ho letto e amato tantissimi anni
fa al primo posarci gli occhi.
Che
cosa avevo capito dell'amore? Poco. Non l'avevo ancora conosciuto.
Agli amici avevo regalato tante copie del Simposio,
eppure nel tempo nessuno me ne aveva dato riscontro. Sono trascorsi
gli anni, tanti anni.
Mi
sono chiesta: "L'amore non è amato?", come diceva San
Francesco? Sì, perché l'amore è mancanza.
Poi,
un giorno arriva il filosofo Galimberti a fare chiarezza.
L'amore
sta nel mezzo tra la nostra parte razionale e quella folle. I doni
più grandi ci sono dati dalla follia. Secondo Platone ci sono
quattro tipi di follia:
a)
la follia profetica, che è vedere e parlare oltre il presente;
b)
la follia dell'iniziazione, che è quella religiosa;
c)
la follia dei poeti, che è la trasgressione del principio di non
trasgressione (parlare alla luna ad esempio, come fa Leopardi);
d)
la follia d'amore, che è quella più alta ed eccelsa.
Se
vuoi parlare d'amore ti devi spostare fuori luogo. Come faceva
Socrate quando veniva colto da atopia. "Non so niente"
diceva Socrate, "ma so d'amore, me l'ha insegnato una donna,
perché la donna è al confine tra razionalità e follia". La
donna raccontò a Socrate che Penia (povertà) e Poros (la strada)
aspettavano sotto il tavolo gli avanzi di un banchetto, dopo aver
mangiato fecero l'amore e nacque Eros. Figlio della povertà.
L'amore
è mancanza, il desiderio di qualcosa che ci manca. La nostra parte
razionale non dispone d'amore. L'amore è mediatore, traduce il
linguaggio della nostra parte razionale per la nostra parte folle e
viceversa.
"Mi
fai impazzire" oppure "ho perso la testa per te",
significa che grazie a te ho accesso alla mia follia, perché tu
l'hai intercettata.
L'amore
è generativo di soggettività, nella lingua greca esistevano il
singolare, il plurale e il duale,
una forma di linguaggio simbolico dei due amanti. Il simbolo è parte
di un uomo. In un tempo remoto eravamo interi, dice Platone, ma Zeus
temeva la potenza degli uomini e decise di tagliarci in due. Per
questo motivo l'uomo cerca la propria metà parte, e mediatore di
questa ricerca è l'amore. E l'amore ha bisogno di un'altra persona
che ci accompagni in questa ricerca. Una persona speciale.
E
quando l'amore sarà compiuto, quando usciremo dall'amore sia che
vada bene o male, non saremo mai più come siamo stati prima.
Saremo
meno lacerati dentro noi stessi. Perché per un breve attimo o per
molto tempo, avremo trovato il tutto.
Michaela
Menestrina
Nessun commento:
Posta un commento