Questo
il titolo, tra dramma e ironia, del nuovo libro fotografico di Rita
Vitali Rosati
(Vanilla Edizioni, Marzo 2013, Euro 20,00 ). Oltre ad essere un
saggio delle facoltà dell’immagine, viste nel loro ricco
ventaglio, questo libro è un omaggio alla poesia. Le fotografie di
Rita,
legate al tema del fiore come metafora dell’esistenza, vita e arte
congiunte, bellezza che si attarda fino alla voce del decadimento, si
alternano fino all’ultima pagina a descrivere le passioni, l’umana
nostalgia simbolica di ciò che il fiore stesso, dopo un breve
trionfo di colori e di effervescenze, percorre fino al limitare della
sua fine.
Ma è una morte dolce come quella che vediamo nelle “passioni” del Rinascimento, un commento non compiaciuto ma disteso a raccontare le fibrillazioni della vita nei drammi della sua fatiscenza e con un istinto che è quello della contemplazione fino a un borderline di misericordia. Immagini di spose che reggono immote bouquets floreali sull’orlo del disfacimento, eppure portatrici instancabili del demone della bellezza. “Fanciulle in fiore” colte nell’abbandono alle sirene del proprio destino. Braccia bendate che reggono tulipani come bandiere. Corolle che occhieggiano, sfacendosi come parole di commiato. Sono, queste sequenze, un assonare fitto, orchestrato, coi versi poetici che l’autrice ha amorosamente raccolto, proponendo agli autori delle poesie i suoi temi.Ed ecco voci come quelle di Eugenio De Signoribus, Alessandro Moscè, Franco Loi, Francesco Scarabicchi, Anna Buoninsegni, Paolo Ruffilli, Gianni D’Elia, Maria Lenti, Maria Grazia Maiorino, Remo Pagnanelli, Guido Garufi, Nicola Monti, Natalia Thacyk, Bianca Varela, Enrica Loggi, pronunciarsi su questo suo canovaccio variegato e tremulo, appassionante ed evocativo, descritto magistralmente da Paolo Nardon nella prefazione, e commentato alla fine dall’inconfondibile Guido Garufi. Il libro è un coro di rimandi iconografici e parole che sembrano altrettanti steli e corolle, tentativi di spiegarsi di fronte all’ineffabile, e così di diventare fioriture lungo la strada, germogli delle stagioni, silenzi di paesaggi, assenze, meditazioni della vita specchianti la morte come un floreale passaggio in un quadro di dolcezza. Le poesie, quindici in tutto, trovano una veste grafica inedita, mista di colori e pause del tutto nuove nei caratteri di stampa, entrando a far parte del fasto delle immagini che invadono la pagina ampia, distesa in una specie di esuberante ospitalità all’eco delle parole. Rita Vitali Rosati ha portato anche in questa, che è un’opera, le sue tematiche che investono di classicità la sua proverbiale e nota ironia. Questa volta ha voluto sorprenderci con un lavoro generoso che non solo raccoglie l’orfanezza del dire poetico ma lo lancia in una prospettiva di eloquenza, di visibilità coinvolgente, assoluta. La poesia deve molto a questa maestra della Fotografia, alla sua arte che ha diviso con le parole dei poeti, da lei vagheggiate da sempre, nella passione che si esprime e vince la mortalità del dire.
Ma è una morte dolce come quella che vediamo nelle “passioni” del Rinascimento, un commento non compiaciuto ma disteso a raccontare le fibrillazioni della vita nei drammi della sua fatiscenza e con un istinto che è quello della contemplazione fino a un borderline di misericordia. Immagini di spose che reggono immote bouquets floreali sull’orlo del disfacimento, eppure portatrici instancabili del demone della bellezza. “Fanciulle in fiore” colte nell’abbandono alle sirene del proprio destino. Braccia bendate che reggono tulipani come bandiere. Corolle che occhieggiano, sfacendosi come parole di commiato. Sono, queste sequenze, un assonare fitto, orchestrato, coi versi poetici che l’autrice ha amorosamente raccolto, proponendo agli autori delle poesie i suoi temi.Ed ecco voci come quelle di Eugenio De Signoribus, Alessandro Moscè, Franco Loi, Francesco Scarabicchi, Anna Buoninsegni, Paolo Ruffilli, Gianni D’Elia, Maria Lenti, Maria Grazia Maiorino, Remo Pagnanelli, Guido Garufi, Nicola Monti, Natalia Thacyk, Bianca Varela, Enrica Loggi, pronunciarsi su questo suo canovaccio variegato e tremulo, appassionante ed evocativo, descritto magistralmente da Paolo Nardon nella prefazione, e commentato alla fine dall’inconfondibile Guido Garufi. Il libro è un coro di rimandi iconografici e parole che sembrano altrettanti steli e corolle, tentativi di spiegarsi di fronte all’ineffabile, e così di diventare fioriture lungo la strada, germogli delle stagioni, silenzi di paesaggi, assenze, meditazioni della vita specchianti la morte come un floreale passaggio in un quadro di dolcezza. Le poesie, quindici in tutto, trovano una veste grafica inedita, mista di colori e pause del tutto nuove nei caratteri di stampa, entrando a far parte del fasto delle immagini che invadono la pagina ampia, distesa in una specie di esuberante ospitalità all’eco delle parole. Rita Vitali Rosati ha portato anche in questa, che è un’opera, le sue tematiche che investono di classicità la sua proverbiale e nota ironia. Questa volta ha voluto sorprenderci con un lavoro generoso che non solo raccoglie l’orfanezza del dire poetico ma lo lancia in una prospettiva di eloquenza, di visibilità coinvolgente, assoluta. La poesia deve molto a questa maestra della Fotografia, alla sua arte che ha diviso con le parole dei poeti, da lei vagheggiate da sempre, nella passione che si esprime e vince la mortalità del dire.
Enrica
Loggi
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