In
Irlanda il clacson non esiste, il traffico è educato. Scorre come
una musica, senza strilli. E Freedom ti
fa ricordare quando guidi (a sinistra, brrr) a Kilmore Quay nelle
strade del porto durante la sagra dei prodotti del mare, per
raggiungere il parcheggio a picco sulla scogliera. Mescolanze
misurate di suoni e voci, incomprensibili ma corroboranti, e dolci.
Incroci persone che somigliano a Ed (ma senza chitarra), bambini che
salutano, in mezzo a girandole di colori in dissonanza, dal fucsia al
giallo cromo, dall’azzurro all’arancione all’olivastro, nel
Memorial Garden…
Non
c’è niente d’India in Irlanda, eppure la chitarra di Ed evoca un
sitar che insiste pigro sui due accordi, o forse son due le chitarre…
Sfuggono le parole, ah l’inglese, magari c’è del gaelico dentro,
ma non importa.
Non
c’è niente d’India in Irlanda, ma Ed vi ha trasportato l’anima
del messaggio di Gandhi, la sua politica di vita. Un’invenzione che
ti scuote, quel mitra
a
tracolla. La non-violenza è nella musica d’acquarello, che
approfondisce i pensieri e incita azioni fresche, incontaminate,
coerenti; nei ritmi dondolanti di ballata (talvolta sanglots
de l’automne)
alle periferie del jazz; nelle delicatezze di Van Gogh che descrivono
i territori dell’aria e del sogno, che ti cullano e ti accompagnano
nelle brughiere affacciate sull’Atlantico, anche se stai al
concerto nel geometrico Breaklive di Ascoli a fianco della Citroen…
Non
c’è niente d’India in Irlanda, dicevo, però Ed con le sue
“canzoni” ti ci fa pensare: i suoi pensieri spregiudicati
profondi e poetici come pratiche di utopie, la sua esigenza di
libertà d’artista, la sua rassicurante Art
of Rebellion d’atmosfera…
Ah l’inglese, magari c’è pure del gaelico. Ma è tutto chiaro lo
stesso.
Pier Giorgio Camaioni
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