Un
minuto rubato a una passeggiata senza impegno, forse solo per
schiarirsi le gambe e sgranchirsi la mente (si sa, noi passeggiatori
quasi-solitari abbiamo qualche funzione scambiata). Ma la Palazzina è
sempre lì, a tentarci con gli occhi, con i pochi e nascosti richiami
per la vista che a noi, però bastano: “Chiara Caselli, Jubea e la
camera chiara”. A pochi metri dall'ingresso non avverto ancora
nessuna presenza, scorgendo dai vetri né presenze artistiche né
umane. Sono forse in agguato dietro la porta d'ingresso per stupirci
con una performance? Increduli, io e il mio amico siamo entrati con
atteggiamento guardingo, subito fugato dalla vista dell'antico
custode. Sì, c'è una mostra, ma non la solita e ridondante
esposizione di quadri o manufatti, sempre tesi a riempire ogni parete
e spazio per la paura di trascurare un qualsiasi proprio “segno”
creato la sera prima. È un'immersione essenziale nel mondo
immaginario di Chiara Caselli, attraverso pochissime “stanze”
ridisegnate con francescano minimalismo. E in questo studiato
rapporto, osserviamo una natura riflessa che a dir poco ci fa
rivivere un Notturno di Chopin o una Serenade di Shubert. Immagini
che richiamano una natura ancestrale senza esserne delineata, come in
un riverbero liquido di Monet. Un modo di usare la “camera chiara”
che ci avvince subito, dalla materialità impercettibile ma
palpabile, di acqua e natura che solo una visionarietà astratta sa
riprodurre o cogliere. Chiara Caselli, con la sua camera (“chiara"
credo anche per il suo processo e percorso digitali), nella sala del primo
piano, quella nascosta e ultima nella visita, propone un polittico
formato da tre più tre scatti simmetrici alla figura centrale più
grande: Passione 2011. Opera-prototipo (l'originale è stato
presentato alla 54^ Esposizione d'Arte di Venezia) da analizzare in
chiave certamente laica, dove la luce scolpisce dal nero la figura
che si esalta, pur nella sua fugacità.
Oltre per quest'ultima suggestione caravaggesca, ringraziamo Chiara per averci fatto conoscere un altro termine per le nostre delicate e scenografiche palme: Jubea. Ora, con questo nome, ci sembrano più belle. Che poi Chiara sia anche una brava attrice, ci ha fatto ancora più piacere averla scoperta come creatrice d'arte.
Oltre per quest'ultima suggestione caravaggesca, ringraziamo Chiara per averci fatto conoscere un altro termine per le nostre delicate e scenografiche palme: Jubea. Ora, con questo nome, ci sembrano più belle. Che poi Chiara sia anche una brava attrice, ci ha fatto ancora più piacere averla scoperta come creatrice d'arte.
Francesco Del Zompo
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