(Henry
Furst)
Costretto
nella classica isola deserta del “giocherello da letterati”,
Soldati non porterebbe con sé Dante, né Petrarca, né Leopardi, ma
l’Orlando
furioso
dell’Ariosto.
“Poeta dell’Umanità” più ancora che “dell’armonia” come
vorrebbe una certa vulgata critica, oltre a divertire, per Soldati,
Ariosto
dispensa una lezione capitale: che “la nostra letteratura non è
tutta sublime e inaccessibile, perché ha almeno un libro sublime
proprio per la sua travolgente umanità” [785]. Un discorso su
America
e altri amori,
terzo volume dei “Meridiani”
Mondadori
dedicato ai diari e gli scritti di viaggio di Soldati,
potrebbe cominciare da qui, da questa breve nota d’occasione che è
in realtà già l’analisi interpretativa di tutta l’opera, nonché
una cristallina dichiarazione di poetica. I reportages
di viaggio più ancora che i romanzi e i racconti brevi, infatti,
sono il riflesso di questo amore per l’uomo e il suo “fare” che
arricchisce - rendendolo “gentile” e “umano” - il mondo. E
si prenda, a mo’ di esempio, nell’Introduzione
di Vino
al vino,
la descrizione dell’enologo Pietro
Garoglio:
“Piemontese antico e toscano nuovo, figlio del poeta Diego
Garoglio,
mi si rivelò come un animo semplice, vivissimo, schietto, gentile; e
mi offrì così, con tutto se stesso, la più bella prova
dell’umanità del vino” [407]. E “schietta” e “semplice”,
ugualmente lontana dal belletrismo come dalle ingegnose difficoltà
della neoavanguardia, è anche, fino all’ultimo, la prosa di
Soldati, nei ritratti degli osti come nelle descrizioni di paesaggio;
lievissima e sensuale, mai caricata, nelle rimemorazioni di fugaci
incontri amorosi (e si veda l’episodio, bellissimo, alla dogana di
Breil
nel viaggio verso Lourdes).
Lo
sguardo di Soldati
viaggiatore è sempre a fuoco: egli tutto vede e tutto annota, del
proprio io e degli altri, del mondo interiore come di quello
esteriore. E da tutto prende spunto per ragionare sull’esistenza
concreta dell’uomo, sul suo vivere quotidiano e i suoi sentimenti.
Con uno stile in cui la ricerca del mot
juste serve
alla costruzione di periodi ariosi ed equilibrati, la prosa di
Soldati
segue senza sforzo apparente i mille rivoli del pensiero e le
innumerevoli sensazioni di viaggio; si sofferma con eguale leggerezza
e precisione a notare un cinghietto da polso di “cuoio, punteggiato
di bulino” o a ragionare sui misteri e le oscillazioni della fede.
D’altro
canto, un tale sguardo sa sempre ritrovare l’incanto e lo stupore
della prima volta: è uno sguardo che seduce perché si lascia
sedurre da un paesaggio verdeggiante, da una parlata regionale, o
dalle spalle nude e il riso vivace di una ragazza incontrata per caso
e mai più rivista. Perfettamente settecentesco, per Soldati
il ragionamento nasce solo a seguito della sensazione, ed anzi questo
(ragionamento) è già contenuto in nuce in quella (sensazione).
America e altri
amori
interessa, però, anche come esempio spesso già perfettamente
compiuto di una narrativa che, attenta al dato reale, contamina il
romanzo con altre forme di prosa quali l’autobiografia, il saggio
sociologico e culturale o l’articolo giornalistico. Si tratta - e
benissimo fa Falcetto a sottolinearlo nella sua Introduzione
- di una “seconda grande linea di sperimentazione della scrittura
novecentesca” [XXVI]; una linea, aggiungerei, che è ben lungi
dall’essere esaurita e conosce invece oggi una nuova fioritura, in
Europa
come negli Stati
Uniti.
Anzi: oltreoceano la creative
nonfiction,
canonizzata in genere a sé, sembra ormai mettere d’accordo critica
e mercato. Dove la prima celebra (giustamente) memoires
quali The
Year of Magical
Thinking
di Joan
Didion,
A
Widow’s Story
di
Joyce
Carol Oates,
o ancora i volumi di literary
journalism di
Gay
Talese,
il secondo ne fa dei best-seller.
Mi
limito, per concludere, ai confini nazionali: più ancora che servire
da intertesto o esercitare un’influenza diretta, oggi i “reportages
esistenziali” (Falcetto)
di Soldati
indicano soprattutto una direzione possibile per rivitalizzare la
forma-romanzo: quella di una letteratura in cui sperimentazione e
comunicabilità non si escludano, ma riescano ad armonizzarsi in
vista anche del piacere del lettore. Una letteratura, direbbe forse
Soldati,
semplicemente “umana”; e un piacere che il terzo “Meridiano”
a lui dedicato rinnova, per noi lettori, pagina dopo pagina.
Raffaello Palumbo
Mosca
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