Si partecipa a tavole rotonde e dibattiti in mille modi. Quasi sempre si parla. Tanto. Oh quanto si parla. Capire diventa un optional però, quello che conta, è dar fiato alla nostra sconfinata sete di protagonismo. C'è chi invece, come la nostra redattrice per la poesia, Enrica Loggi, che interviene ai dibattiti come ogni poeta che si rispetti dovrebbe fare: recitando versi sul tema.
Quella che riportiamo sotto è la poesia (inedita) che Enrica Loggi ha letto in occasione della tavola rotonda: "Il rapporto tra arte e vita nei poeti e nei musicisti", organizzata nella Sala della Poesia di Palazzo Bice Piacentini, in occasione del Festival dedicato a Léo Ferré a San Benedetto del Tronto.
E’ tardi, s’incrociano strade
come rime fuggiasche
ho appena finito di
parlare
e la vita si tinge,
sfuma
in una sera che si
apre e inghiotte
il canto più lento
del giorno
e si rifugia nei
versi
come in braccia di
madri.
Vita che si traveste
in solitudine
e tra i suoi panni
ruvidi
si posano i momenti,
le parole.
Poesia che nasci da
macerie
e vai girando dove
nessuno cammina
o dove tutti cercano
una luce
e ti rifugi
nell’acciarino
che accende la tua
candela,
mi sei apparsa e ti
reggo sull’indice
come un uccellino
mite.
La vita il deserto
cercano il tuo manto
piumato
per attraversare il
fiume
per andare a casa.
Ho riposto il
vestito della festa
per entrare graziosa
nella tua dimora
nel tuo lungo
sospirare
nelle tue lacrime
nel tuo belletto
circense
sirena
del mio viaggio
continuo
tra i vivi,
quelli che cantano
canzoni
per stancare il
vento di marzo
per incantare la
morte.
E aspettano le
rondini
e il verde dei
campi.
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