giovedì 23 gennaio 2020

Anime smarrite, anime belle - appunti in treno

Un uomo grida a se stesso o forse alla sua famiglia lontana. Impreca in una lingua sconosciuta, certamente si dispera, infreddolito, curvo e chiuso in sé stesso. Con passi sconnessi, spigolosi come i suoi capelli dritti e neri davanti al viavai indifferente della piccola Stazione. Spero non mi venga addosso, non capirei nulla, non saprei cosa fare… Il tizio si allontana bruscamente.
Salgo sul Locale e chiedo conferma della tratta. Mi siedo confortato e finalmente in viaggio.

Cerco un bagno al secondo ed enorme snodo ferroviario. Non ho fretta, ho tempo. Donne e uomini con ingressi distanti. Al tornello da gettonare c'è una signora un po' curva e non più giovane, forse per l'aspetto e i suoi vestiti lunghi e logori. Cerco l'euro ma qualche centesimo lo allungo alla portiera abusiva e precaria. 
- Signore, - mi dice - ha il borsello aperto. - 
Rispondo - Lo so, - fidandomi della mia figura dissuadente e mascolina. 
Mi lavo, esco e lei non è già più lì. Meno male, sarebbero altre parole inutili e forse qualche altro centesimo, questa volta da negare.
Attendo e fumo una sigaretta all'esterno della grande casa dei treni rossi, argentei e verdi misto-fango dei pendolari. Una passante mi avvicina: 
- Ha mica una sigaretta? - 
- No, fumo queste… da rollare. - 
La ragazza adocchia l'alta pattumiera al mio fianco, con lamiera forata e tanti mozziconi di sigarette. Alcuni sono consumati solo a metà immersi in un insieme misto di vecchia cenere e sporcizia varia, come solo nelle stazioni si vedono. C'è una sigaretta quasi intera. La prende e rivolgendosi di nuovo mi dice: 
- Hai d'accendere? - 
Niente di più probabile: - Certo! - 
La ragazza riprende il suo andamento ondulato e incerto, forse temporaneamente meno ansioso.

Vado al binario 7, sotto al piano stradale, dove c'è ancora poca gente. Manca quasi mezz'ora. Mi appoggio al muretto delle scale che portano ad altri piani della cittadella ferrata. Mi riposo nell'attesa. Un signore magro sulla settantina, ma ben portati, si avvicina per chiedermi se al binario passasse il suo treno, sempre verso sud. Confermo - Pescara. -
Risponde - Sa, ancora sul display non è comparso… e l'orario, e allora sa… 
Rispondo - Non si preoccupi, anch'io scendo e ho visto che è quello giusto. Vado a Sben. - 
Ci scambiamo dei cenni rassicuranti. 
Continua - San Benedetto, la conosco poco, ma in Ancona ci sono stato spesso e ho mio figlio lì. 
- Anch'io, - rispondo - da poco tempo mia figlia ci si è trasferita. Da dove sta venendo? 
- Da Modena, sono stato per un controllo dopo un intervento alla gola. Qualche mese fa mi sono operato sempre lì e dovevo farmi qualche esame. 
- Mi dispiace. Tutto bene ora? Positivo, anzi no, negativo? - 
- Sì, non c'è niente e sa, è stata una bellissima notizia. - 
Dal viso sereno si capiva che ne era felice, sollevato. Continua vedendomi col tabacco in mano: 
- Anch'io fumavo, ma poco poco. Sei, sette sigarette. Ma se ti deve venire, ti viene, anche se non fumi. Succede a tanti. - 
Pensavo proprio la stessa cosa. Il signore, di Bari, si sarebbe fermato a Giulianova, presso la sua seconda casa, piccola e unicamente dedicata ai giorni di mare. Ex impiegato comunale, responsabile all'ufficio ambiente, ora lontano dall'amministrazione, mi parla di De Caro, di Emiliano, delle difficoltà appena accennate e lasciate intuire della città del Levante.
Arriva silenziosamente il potente ferro argento a strisce rosse. 
Saliamo sulla stessa carrozza ma posti diversi. La conversazione finisce.

"Viaggiare in treno è, a volte e fuori dall'esperienza quotidiana, un privilegio, una scuola di confronto, conoscenza, di approfondimento, riflessione, studio, o di stupore e rammarico per le tante situazioni di disagio sociale. Una palestra fuori dai tele-schermi antichi e nuovi, fuori dalla cronaca raccontata o subita. Non ci si annoia, insomma."

Continuo il viaggio e questa volta i cambi sono finiti. Questo 'legno' mi porterà fino a casa. Non proprio, ma in prossimità, a due chilometri e mezzo. Li farò volentieri a piedi. Adesso posso immergermi in brevi letture e conversazioni al telefono con le figlie. Ecco cosa mancava nell'elenco di cui sopra: chiacchiere e pensieri con i cari, sparsi per lo stivale, amici poco frequentati e distrattamente sentiti con sporadiche e veloci conversazioni. Ne ho sempre poca voglia, la mia 'pigrizia' in questo senso è nota. Ne approfitto. 

Le ore passano, ma nel conteggio finale ne restano davvero poche. Forse neanche una e, alzandomi per prendere una boccata d'aria più fresca nello snodo d'uscita, noto meglio il ragazzone seduto vicino a me sull'altra linea dei finestrini. Mi fa capire che anche lui avverte caldo. Sbuffa e io rispondo a gesti. Capisco che non è italiano. Forse americano o tedesco? Fa lo stesso, ci capiamo per quel poco che dobbiamo scambiare. Nel frattempo sento qualcuno che grida, ma sono distratto e capisco appena che maledice e impreca contro qualcun altro. Faccio fatica perché non vedo la scena. Qualche secondo dopo mi accorgo che sta indiavolato al telefono. Mi domando: ma si renderà conto che è in treno e non a casa sua o in macchina? Chi gli sta a fianco lo subisce, e senza poter protestare! Vabbè, l'importante è che finisca 'sta sceneggiata.
Il ragazzone viene anche lui nello snodo a sgranchirsi le gambe e prendere una boccata d'aria fresca. Mi fa capire che viene da un viaggio lungo. Portogallo e poi qualche altra cosa come una sosta in Liguria. Adesso scenderà a… San Benedetto del Tronto. Lo ripeto anch'io scandendolo, e aggiungo: long name! Viene per lavoro, non capisco quale, e viene dalla Norvegia ma non afferro la città. Tanto oltre Oslo non conosco. Come moltissima altra geografia.

Arrivato. Saluto il signore di Bari e il ragazzone norvegese. Ho 20 minuti di strada a piedi. Recupero la tregua con i polmoni e mi accendo una sigaretta dopo una pausa per la rollata. Sono a casa, sono fresco di oltre 10 ore di viaggio ma non sono affatto stanco. Sono stato in un posto nuovo, sono stato con mia figlia, ho parlato piacevolmente con amici e familiari. Ho percorso 1.200 chilometri in due giorni e mezzo, prima in auto e poi in treno. Ma non c'è paragone tra i due mezzi.


Francesco Del Zompo - 22 gennaio 2020





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