MUSICAUNA – Tributo a JOBIM
Gabriele Mirabassi [clarinetto] e FORM [Orchestra Filarmonica Marchigiana]
Trombone, Arr. e Dir. Orch. Massimo Morganti
Chitarra G. Bianchini
Contrabbasso G. Pesaresi
Batteria B. Marcozzi
MACERATA - Teatro Lauro Rossi 2 maggio 2019 ore 21
Saranno state all’inizio le astratte “atmosfere impressionistiche alla Debussy” di Saudade do Brasil (solo orchestrale), poi l’eleganza dei ritmi morbidi di Tempo do mar con la chitarra acustica, a far sì che, arrivati a Desafinado, io abbia associato Mirabassi all’immenso Nureyev. Senza offesa per entrambi.
Perché lui è “cobra-Mirabassi”: così lo apostrofò icasticamente Valerio Colzani 5 anni fa, al Teatro del Pavone di Perugia, per quel suo contorcersi e avvilupparsi su se stesso nel suonare; e perché anche stasera “danza” intorno al clarinetto mentre ne tira fuori quei suoni solo suoi, magici e impossibili quanto un’elevazione verticale di Nureyev. Poi, Nureyev e Jobim erano contemporanei e si conoscevano. E quante volte il russo che “era la danza stessa”, deve aver danzato L’aprés-midi d’un faune che Debussy compose proprio per i Ballets russes. D’accordo: forse Nureyev non sapeva suonare il clarinetto…
Con quel Desafinado il concerto poteva anche finire: l’imprevedibile inizio pensante di tromba con i minimalisti chitarra-contrabbasso-batteria dell’ensemble-Mirabassi al ritmo scarno di bossanova lenta (alla Arbore); quindi il clarinetto-Mirabassi che esitante s’avvia sulle tracce della tromba (ma sotto di un’ottava - mi pare - e parecchio più calmo rispetto alle Desafinado che conosciamo); a seguire, lo scoppiettante trombone-jazz quasi solista del direttore Morganti.
La FORM dietro, a tessere atmosfere calde e distese di un Brasile amico ma impenetrabile, come una foresta in ebollizione. Ma quando poi l’orchestra vira impercettibile su un simil 3/4, Mirabassi t’inventa tutt’un altro Desafinado, il suo: fresca cascata di note trasparenti e velocissime, e “danzante”: lui che suona su un piede come una gru, o surfando come su una tavola sul Rio Negro, o simulando arrampicate, salti, sospensioni… sempre battendo precipitosamente il tempo sul palco a sottolineare atavici legami d’Africa.
Acrobazie al ralenti, senza angoli. Ad ogni “guizzo”, ad ogni sbang di scarpa-che-atterra, t’immagini uccelli del paradiso volare spaventati, animali esotici inseguirsi chiamandosi sopra e sotto gli alberi, impressionanti scrosci d’acqua, carnevali infiniti che sfilano al ritmo di samba… Ma senza confusione. Desafinado movimentato e leggero, “impressionistico”, dai colori apparenti ma vibranti. La scelta orchestra pare quella di Paolo Conte, creativa e sicura, senza ansia. Anche lei ammirata e divertita da Mirabassi, magari anche a qualche musicista sarà venuto in mente Nureyev…
Beh, il nostro Mirabassi da Perugia, né agile né asciutto né volante né russo, che veste sempre superclassico anni ’70 ampio e scuro (altro che bianco), che neanche el purta i scarp de tennis, mi evoca il grande Nureyev proprio perchè nell’aspetto è soavemente il suo contrario, ma la sua musica “movimentata” scorre inarrestabile unica miracolosa e sublime come la danza di Nureyev.
Tutto così il concerto. Quale miglior tributo ad Antônio Carlos Jobim inventore della bossanova sinonimo di Brasile. “Non come il samba, che sembra la cosa più tropicale che c’è ma è nato a Casarsa, nel nostro Polesine”, ci svela sottovoce Mirabassi in una breve divertente ma colta e profondissima “conferenza” sulla musica di stasera, tra A felicidade, Chovendo na roseira, Correnteza – Eu sei que vou te amar, Você vai ver… Sempre Nureyev al clarinetto, anche al bis.
PGC - 6 maggio 2019