venerdì 17 agosto 2018

Un viaggio nel contemporaneo

Do seguito, scrivendo e riflettendo con chi mi leggerà, a quanto vissuto direttamente qualche giorno fa in treno. Il tema è l'intolleranza oggi in mutazione palese verso il razzismo, sfacciatamente esternato. Lo riporto oggi perché credo bisogna farsi testimoni attivi del clima che si sta vivendo e subendo, non per indignarci ma per non regredire in un clima di assuefazione. Sono ormai fatti di cronaca quotidiana e chi li racconta, o denuncia (vedi Raffaele Ariano), è oggetto anch'esso di minacce e insulti impensabili fino a poco tempo fa. Fortunatamente si tratta di un 'piccolo episodio', il mio, dove i toni non si sono alzati, ma a me è bastato perché si imprimesse nella mia memoria. Forse anche per l'anticorpo positivo manifestatosi in un particolare momento.

Lunedì pomeriggio, 6 agosto, entro nel 'locale' che da Cattolica mi riporta a SBen.
     Cercando un posto libero, vedo per prima una ragazza che si è disposta con le gambe su due sedili. Subito alle sue spalle trovo due posti liberi. Mi siedo e noto difronte alla mia destra una donna dai capelli cortissimi e bionda, sulla sessantina. Occhiali scuri e l'immancabile cellulare in mano. Al suo fianco c'era un posto libero. Sento che la ragazza di spalle, davanti a me, accennava a un incidente molto grave a Bologna, con esplosioni sulla strada, le immagini non ancora disponibili ma si pensa a un disastro. Approfitto della connessione, quasi mai utilizzata in viaggio, per leggere qualche notizia. Mi accorgo che poco lontano da me, a Bologna, era successo uno spaventoso incidente sul tratto autostradale di Borgo Panigale. Mi preoccupo. Avverto una sempre maggiore angoscia che si cumula con la quasi contemporanea notizia di dodici morti nel foggiano.
     Due fermate dopo entra alle mie spalle una persona di colore, credo un nord africano sulla cinquantina, che con passo poco fluido e il cellulare in vivavoce diffondeva musica araba. Cerca e trova un posto a fianco alla signora bionda, che subito lo rimprovera: Spegni quel cellulare, non voglio fastidi e non sederti qui se non chiudi quel telefono. Se no vattene da un'altra parte.
     L'africano, con fatica e credo sorpreso dalla secca e perentoria richiesta, abbassa e poi silenzia la musica del cellulare, borbottando qualcosa come 'stai zitta'. Dopo l'iniziale agitazione verbale, la signora si ricompone come può e il neo-passeggero, ora suo vicino, si adatta al meglio per un assetto da viaggio.
     Tra me e me penso che non sia sufficiente spiegare questa cosa con il solo disturbo causato dalla musica che accompagnava il passeggero. Era certamente la sua 'appartenenza' che aveva causato 'l'alzata di voce'. Meno male che tutto s'è ricomposto in poco più di un minuto e che nessuno sia dovuto intervenire, me compreso.
Una o due fermate più tardi, l'uomo scende e la signora dai capelli cortissimi, biondi e occhiali da sole riacquista l'ampiezza di spazio poco prima condiviso. Tutto scorre normalmente e io colgo l'occasione per riaprire qualche pagina da leggere. Le piccole soddisfazioni di un passeggero al fresco della carrozza. Fuori è un caldo quasi insostenibile.
     Altra fermata imminente. Vedo la giovane ragazza 'punk' difronte che si alza. Presumibilmente scenderà qui… penso. Forse siamo arrivati a Marotta? Ma prima di prendere il corridoio, la giovane si china a destra, verso il posto della signora bionda. Non sento distintamente cosa le stia dicendo, ma una cosa è certa. Ho colto il senso delle sue parole rivolte perfettamente nella direzione della sessantenne: Signora, se qualcuno si fosse rivolto a lei come lei si è rivolta al signore di colore, come avrebbe reagito? È sicura che questo suo modo così aggressivo fosse giusto? Ci pensi!
La vedo poi muoversi perso l'uscita passandomi davanti e, non appena realizzo il fatto, mi giro quasi per assicurarmi che sia successo, volendole anche manifestare con un cenno la mia approvazione, ma è già fuori. Sorrido con in mente il pensiero che fortunatamente, e a scanso di miei pregiudizi, ci sono degli anticorpi che ci fanno essere, o sembrare, meno vulnerabili e più forti di quel che si pensi nei riguardi di questa deriva. Oggi l'Italia rischia sul serio se il clima di odio e di parole pesanti (o sproloqui sui 'generi umani') non ritornano nell'alveo della tolleranza e del vivere civile.
     Fatta questa brevissima e stentata considerazione, il viaggio continua, perché Ancona non è ancora a portata, e dove attenderò il cambio. Ancora pochi chilometri ma pur sempre da fare.
Guardo ancora la signora davanti per un attimo. Ha avviato una chiamata, parla in una lingua che non riconosco. Oddio, ma anche lei non è italiana! Forse dell'Est? Ironia del rimescolamento delle 'razze' e delle terre-patrie che ci vogliono uniti nel disprezzo dell'ultimo… arrivato.

Francesco Del Zompo - 12 agosto 2018

martedì 7 agosto 2018

INDIETRO TUTTA

Indietro tutta, Renzo Arbore non viene a "Cabaret amore mio", rien ne va plus.
L'Orchestra Italiana lascia il posto ai Senzavergogna di Grottammare.

Ma: Grazie dell'Arancia d'Oro Bis, dice Renzo a Henry
Lo sao o non lo sao
che a noi non basta il Cacao Meravigliao dal gusto esagerao
Io faccio 'o show col clarinetto solo se ci danno i milioni.
Così tu vecchia mutanda
non saprai come nasce un bel blues, uno sfigato mambo, un geghege'...
Tu si' guaglione, hai fatt 'a frittata e la vulivi ribalta', ma t'a jita 'n terra
Mo' tieniti la notte ruffiana
poi ti guardi allo specchio e ti sputi in un occhio
Evviva le tivvù, ma io non vengo (più) dopo il Tiggi' se non ci danno i milioni
Perchè la vita è tutt'un quiz
Za Za 


Parole e musica di Renzo Arbore    
Saccheggio di PGC - 5 Agosto 2018




giovedì 2 agosto 2018

La scuola che non vogliamo

Selezione naturale


        Sulla stampa locale di fine luglio (Corriere Adriatico, 26/07/18) ci si occupa di scuola. Una dirigente scolastica affida al giornalista i dati concernenti laltissimo numero di studenti rimandati e bocciati nel suo Istituto - il Liceo Scientifico Orsini di Ascoli Piceno - e se ne cinge come di un alloro, ne fa attestato di eccellenza.
        
        “194 i rimandati durante lanno scolastico. Significa che questa scuola ha visto ritirarsi (a.s. 2017/18): 56 studenti delle prime classi, 68 delle seconde, 42 delle terze, 28 delle quarte. Poi ci sono i bocciati: 21, compresi i due non ammessi alla Maturità.

        Cifre che sgomentano, nelle loro evidente anomalia, ma più ancora impressiona il senso altamente positivo che la preside ricava - e il giornalista acriticamente raccoglie dalla lenzuolata di cifre. Che sono quelle di una Waterloo scolastica, e non inorgoglire dovrebbero tanta dirigenza, quanto suggerire a questa il dantesco e se non piangi, di che pianger suoli?

        Non piange, la preside, anzi trova in quelle cifre conferma dellaltissimo livello qualitativo  che fa di quel Liceo un punto di riferimento per la formazione di 2° grado e ostacolo insormontabile per chi non abbia in tasca le giuste qualità per farcela (sic), conferma che il liceo ascolano non è di facile approccio per tutti. Il diploma lì conseguito è perciò di quellipesanti (.) che in prospettiva valgono davvero di più chiosa infine, non si sa se la preside o il giornalista.

        Inaudito è che lautorità scolastica utilizzi come marcatori di eccellenza le cifre di unecatombe: impietosa testimonianza, invece, di una scuola che ha mancato clamorosamente i propri obiettivi, che è venuta meno al suo fondamentale compito formativo. 

        Non importa che si tratti di istituto superiore e non di scuola dellobbligo: non cè tassonomia degli obiettivi, dalla primaria in su, che contempli come prerequisito lavere in tasca le giuste qualità per farcela (sorvoliamo sul retropensiero di unespressione così didatticamente infelice); non cè sistema formativo che contempli fra i suoi metodi  la clava della selezione naturale

        Chiunque sappia appena un po' di scuola sa che obiettivo fondante di questa è, al contrario, il superamento degli ostacoli, la valorizzazione delle differenze, la la stimolazione del pensiero autonomo, lincoraggiamento delle attitudini. Oltre alla valorizzazione delle eccellenze, sintende. Non da adesso: almeno dal Liceo di Aristotele in qua. Purchè dirigenti e docenti per qualche strana distopia non scambino la scuola per una di quelle nefaste Università private che eccellono in concorrenza spietata, cannoneggiando numeri, dati, grafici, tabelle e morti sul campo. 

        La scuola è altro da questo. 

        Resta la domanda sullentità del danno prodotto da una scuola feroce che tradisce il proprio compito di formazione umana e culturale in senso ampio facendosi demiurgo di una presunta, presuntuosa, antieducativa e antididattica selezione naturale; da una scuola che spinge così tanti ragazzi a mollare (che razza di espressione) in unetà delicata che non la parola fallimento dovrebbe includere nel proprio vocabolario, ma ben altre: impegno, entusiasmo, curiosità dellapprendere, gioia della conoscenza di sé. 

        Il fallimento va lasciato alla semantica dei mercati; e se gli studenti non sono merce utile allautopromozione di chi mena vanto della propria ferocia, verranno sanamente educati a misurarsi con le proprie attitudini, limiti, qualità, debolezze, a fare i conti con le proprie speranze e delusioni, con sconfitte costruttive. Mai e poi mai con la selezione naturale.

        Curioso è che specularmente, sulla stessa stampa, unaltra preside Liceo Classico e Linguistico Leopardi di Macerata vanti elementi di segno contrario come conferme di eccellenza: gli ottimi e generalizzati esiti dei suoi studenti, culminanti nellalta percentuale di maturati col massimo dei voti. I ragazzi che scelgono il Leopardi, dice la preside, sanno di esser pronti a impegnarsi secondo quello che richiede una scuola come questa

        Istruttiva competizione tra dirigenze, duello di  scuole a colpi di eccellenze contrapposte. Sono più brava io, no io. 

        E clamorosa scoperta: la differenza antropologica tra i liceali ascolani dellOrsini - avventurieri di scarse attitudini che incuranti dei propri limiti intellettuali affrontano presuntuosi una scuola che in pochi mesi, prima ancora di essere almeno a metà strada, li mette alle corde lasciandoli stremati e sconfitti come migranti sui gommoni - e i liceali maceratesi del Leopardi che si iscrivono a quella scuola possedendo un patrimonio genetico di prerequisiti elevatissimi che li rende praticamente già universitari e dottorandi fin dal primo anno di corso, a loro volta antropologicamente diversi da quelli degli istituti professionali che - minus habentes - hannopiù attitudini allaspetto tecnico-professionale per lorientamento al lavoro (sic). 

        Ovvio che non di questo si tratta, ma piuttosto della schizofrenia di un sistema scolastico che da contrari venti è combattuto, e la bussola lha davvero smarrita tra aziendalizzazione, presidi-manager, scuola-lavoro, concorrenza e via mercanteggiando; che, ormai fuori rotta, scambia per eccellenza e progresso il tornare indietro:  alla scuola arcigna e classista che credevamo di esserci lasciati alle spalle, da Barbiana in poi.


Sara Di Giuseppe - 1 Agosto 2018